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4 dicembre 2012

Due note sul risultato di Renzi

Dall'analisi finale del voto delle primarie, due cose:
1 Renzi pare che, globalmente, a stento raggiunga il numero di voti assoluti raccolti al primo turno: pur tenendo conto del calo globale dei votanti, ma anche che è difficile dipingere i renziani come demoralizzati e demotivati dopo il risultato del primo turno, ampiamente pompato, l'impressione è che, con la condotta tenuta nel corso dell'ultima settimana, Renzi si sia lasciato diversi voti per strada, facendo cambiare idea a non pochissimi elettori che al primo turno lo avevano votato;
2  al netto della retorica, si nota come la grande maggioranza delle zone del paese considerate tradizionalmente più dinamiche e meno conservatrici, a partire dalle città e dal Nord Italia, abbiano votato Bersani con percentuali superiori perlopiù alla media nazionale: il risultato elettorale di Renzi, paradossalmente (ma fino a un certo punto), si fonda primariamente sul consenso raccolto proprio in quelle regioni in cui l'"apparato" sarebbe più forte e più in grado (in teoria) di indirizzare il voto, in Toscana e in Umbria.
Rivedere un po' delle categorie con le quali si è abituati ad analizzare il paese sarebbe opportuno, che stanno diventando rapidamente molto obsolete.

17 maggio 2011

Vento del Nord

Siamo realisti: i ballottaggi a Trieste e Cagliari, parlando di due capoluoghi, saranno difficilissimi da vincere. Milano, nonostante il largo vantaggio di Pisapia al primo turno sulla Moratti, lo stesso, una partita tutta in salita. Napoli, manco a parlarne.
Però.
Però porca miseria, come si dice i voti si pesano, non si contano, e pesare il risultato di questo primo turno, a prescindere di come andrà a finire tra due settimane, abbiamo vinto. Fa un po' strano tornare a dirlo dopo diversi anni, magari più che altro è che ha perso la destra, ma abbiamo vinto.
Pesa, chiaramente, l'eccezionale risultato di Pisapia a Milano, e la volontà di Berlusconi di politicizzare al massimo lo scontro elettorale: adesso immancabilmente paga pegno, che la crisi profonda del governo e del centrodestra ha avuto un chiaro riflesso nel voto del 15 e 16.

Dopo anni in senso contrario, s'è fermata la grossa emorragia di amministrazioni a danno del centrosinistra (mettiamoci anche che 5 anni fa, nel 2006, cominciò appunto il reflusso, ossia non c'era, come l'anno scorso, la missione impossibile di replicare il trionfo delle Regionali 2010). Il PDL ha accentuato in modo palese la crisi di consensi (e finalmente!), e soprattutto s'è fermata la grande avanzata della Lega Nord, che contava di crescere a spese del PDL: il voto "di protesta" o in uscita dal PDL, visti anche i risultati nulli dell'azione di governo, e il legame a doppio filo con uno screditato Berlusconi, hanno influito.
SEL finalmente comincia a "incassare" i primi risultati positivi del suo progressivo radicamento: a macchia di leopardo, lentamente, ma praticamente ovunque in crescita, sopra a Rifondazione e PDCI, e con l'ottimo risultato di Bologna, sul 10%, e con l'aver sponsorizzato Pisapia, novello eroe della sinistra nostrana.
Al PD nel complesso non gli dice assolutamente male, luci e ombre, ma anche in questo caso parrebbe che il lavoro impostato da Bersani (che per inciso fa bene a rivendicare la vittoria, un po' di psicologia, ed è bello il riferimento al "vento del Nord" di memoria resistenziale) cominci a dare i suoi frutti, e magari "il nuovo che avanza", Veltroni, Renzi, Fioroni e compagnia si danno una calmata. Chissà, magari capiscono che è ora di piantarla con una certa "società civile" e prefetti vari, e visto il mediocre risultato, smetta di inseguire la prospettiva strategica dell'alleanza con Fini e Casini.
Già, il Terzo Polo. Magari si accontentano eh, in molti casi possono permettersi la politica dei due forni e sono determinanti. Però i voti rimangono all'incirca sempre quelli dell'UDC se va da solo, se Fini ci crede veramente in Futuro e Libertà, si decidesse a metterci la faccia.
Dopodiché, come detto, non è tutto rose e fiori. Al di là che ancora ci sarà da sudare per cercare di trasformare quelli che sono segnali incoraggianti e una sconfitta della destra in una vittoria piena per noi, certe profonde crepe in territori che si ritenevano praticamente intoccabili danno molto da pensare. In primo luogo il grande successo delle liste di Grillo, col caso eclatante di Bologna, è un bel casino, che bisognerà decidersi ad affrontare, che rischiamo di giocarci metà di una generazione.
Dopodiché, si veda l'Umbria. La crisi del tradizionale blocco di centrosinistra è serissima. Disastro a Nocera Umbra, Montecastrilli persa, Bevagna e Trevi vinte per un soffio di voti. La crisi di identità e progettuale del Partito Democratico, tra la maggioranza che non riesce a rinnovarsi e non sa come affrontare la minoranza interna, che invece, vedasi Terni, gioca spregiudicata, per i propri interessi, è ormai andata troppo avanti: a Terni è ormai conclamata, ma in tutta la Regione ribolle. Bottini e tutto il gruppo dirigente, invece di passare il tempo a fare dichiarazioni ottimistiche sui grandi successi del centrosinistra regionale, devono riconoscerlo, e cercare di intervenire radicalmente. Poi, se sono contenti loro di un socialista a Città di Castello, di una sconfitta comunque pesante ad Assisi, di una sofferenza in tutto il territorio umbro...

6 maggio 2011

La crisi del PD ternano, e il livello regionale

Come ben noto, la crisi in Consiglio Comunale si è aperta in seguito allo scontro su alcuni emendamenti presentati da una parte dei consiglieri comunali democratici al Bilancio 2011. Alcuni di essi effettivamente anche su questioni (cooperative e servizi, cultura) di assoluto rilievo e di necessario dibattito: però insomma, complessivamente sono semplicemente venuti al pettine una serie di problemi politici, interni al Partito Democratico, che si trascinavano da anni.
Ricapitolando, in seguito della fusione di DS e Margherita, di fronte a un rapporto reale di elettori a Terni di almeno 2 a 1, alle travagliate elezioni comunali del 2009 i candidati di area ex Margherita sono riusciti a capitalizzare assai meglio il gioco delle preferenze, così che circa la metà consiglieri democratici proveniva da quell'area (invece molto meno rappresentata, in modo più fedele ai reali equilibri interni, in Giunta Comunale); e fin da subito sono emerse continue tensioni, a opera del forte gruppo di "minoranza", che hanno condizionato l'operato della sindacatura Di Girolamo, si veda ad esempio la mancata approvazione, causa voto congiunto opposizioni/ex margheritini, del registro per il testamento biologico, appoggiato personalmente dal sindaco.
Daje e daje, mettendoci anche la personalità di Di Girolamo, che tutti concordi nel ritenerlo una bravissima persona, ma non certo una personalità carismatica, in grado da solo di tenere unito il partito e la coalizione, la spaccatura interna al Partito Democratico ternano si è allargata sempre di più, giungendo al punto in cui siamo oggi.
Viene facile analizzare la situazione come la semplice conseguenza di un mancato amalgama tra ex diessini ed ex Margherita. Ciò è riduttivo, è un po' un caso che i "ribelli" siano tutti di provenienza margheritina, il caso ternano è casomai sintomatico di tendenze che si possono riscontrare in tutta l'Umbria.
Da una parte, c'è un gruppo politico che non si può ridurre a ex democristiani e popolari, ci sono anche loro, ma le provenienze si sono mischiate, sono stati in un passato prossimo veltroniani e poi franceschiniani, per poi adesso avere simpatie "rottamatrici": sono i vari Bocci, Guasticchi, Brega, generalmente abbastanza giovani, di ispirazione politica ormai estremamente eterogenea, e tutti assai spregiudicati e manovrieri (si veda il flirt con Rifondazione di Bocci, alle primarie contro la Marini nel febbraio scorso).
Dall'altra parte, c'è il blocco di potere tradizionale, post diessino e prima ancora post comunista, oggettivamente sempre quello da anni, che già probabilmente in crisi, dopo la nascita del Partito Democratico, che per convenienza ha comunque appoggiato in massa, pare aver perso definitivamente ogni residua "spinta propulsiva" e ragione di essere ideale di un'intera classe politica: di qui gli enormi problemi di rinnovamento, evidenziatesi già all'epoca della scelta del candidato per Todi quattro anni fa, poi a Terni, poi l'anno scorso con l'impasse sul candidato post Lorenzetti, e ancora nella scelta dei nuovi segretari, e nell'ultima tornata di primarie, a Gubbio, Assisi, Città di Castello. E che di fronte all'arrembanza dei rivali all'interno del PD, chiaramente non sa come muoversi, riuscendo a tirare avanti solo grazie alla "fedeltà alla linea" di migliaia di militanti, e a tutta la rete di potere tessuta in lunghi anni.
La crisi del PD ternano è da leggersi quindi all'interno di quest'ottica di tipo regionale. Le fratture avvenute qui possono benissimo riproporsi a breve in altre località e ad altri livelli. Non sarebbe male perciò, per il bene di tutti, che prima che sia troppo tardi il gruppo dirigente umbro si desse una profonda scossa, magari ricordandosi che in Umbria le province sono due (vedi alla voce composizione della Giunta Regionale), e dato che ormai la cazzata di aver creato il PD è stata fatta, riconoscere e affrontare i problemi, per evitare di distruggere in pochi anni quanto di buono costruito in decenni.
Detto ciò, per concludere nuovamente su Terni, si resta in attesa dei vari giri di ascolto e consultazione per sapere le sorti del Comune: ma la strada è strettissima, tra i consiglieri di minoranza del PD che non sono intenzionati a fare un passo indietro, la necessità di mantenere un profilo politico e programmatico dignitoso e accettabile, il difficile gioco di incastri per ridisegnare la Giunta, la necessità di avere un Consiglio che permetta di governare senza ricatti altri tre anni.

23 giugno 2009

Elezioni 2009, e s'è finito

E finalmente sono finite queste sofferte elezioni 2009...
Partiamo da ciò che più ci stava a cuore, il ballottaggio a Terni. Alla fine ce l'emo fatta. Sofferta vittoria del centrosinistra, con un secondo turno in cui si è avuto un calo di 14mila votanti, che ha penalizzato soprattutto Di Girolamo, che rispetto al primo turno ha perso la bellezza di 4mila voti. Mente Baldassarre è cresciuto di mille. Ehò, lo si sapeva che al ballottaggio sarebbe stata rischiosa, e che come candidatura quella Di Girolamo non era fortissima. Adesso auguri di buon lavoro, che c'è necessità di fare bene.
Per il resto in Umbria... Le elezioni sono andate male da noi. Bassi risultati del centrosinistra anche alle Europee, e alcune sconfitte pesanti. Due anni fa aveva fatto scalpore la vittoria del centrodestra a Deruta, oggi hanno vinto invece anche a Gualdo Tadino, a Montefalco, a Torgiano, a Bastia Umbra, a Orvieto. E messo in difficoltà anche serie il centrosinistra in molti altri territori. Congiuntura politica difficile, ricambi dopo doppi mandati etc etc, ma rimane il fatto che non ci si può più cullare nella sicurezza della "regione rossa".
A livello nazionale, alla fin fine s'è vinto dove si doveva necessariamente vincere, Bologna, Firenze; a Milano ha detto merda, in qualche altro posto pure si è perso di poco. Nel complesso, complice magari anche l'astensionismo, s'è tenuto piuttosto dignitosamente. Il primo turno era andato peggio in confronto. [o meglio, il centrosinistra ha perso 22 province su 50, ma di questi tempi tocca anche accontentarsi, e un po' di rimbalzo ci stava...]