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16 giugno 2013

La Battaglia della Sutjeska, 70 anni: Sivi Sokole

Il 16 Giugno 1943, settant'anni fa, terminava la battaglia della Sutjeska, l'Armata Popolare di Liberazione Jugoslava, guidata da Tito, rompeva l'accerchiamento delle forze nazifasciste.
Il canto partigiano Sivi Sokole, con traduzione italiana, e l'interpretazione del Coro Partigiano Triestino Pinko Tomažič.


Sivi Sokole

Falco pellegrino, mio vecchio amico,
dammi ali, falco, affinché possa volare sopra le montagne.

La montagna è alta, il cielo è sopra di essa,
e dal cielo il falco pellegrino guarda in basso su di me.

La Sutjeska è profonda, il canyon è sopra di essa,
sopra il canyon sta Tito, guarda ai feriti.

Sopra il canyon sta Tito e ordina,
la Sutjeska deve essere attraversata per salvare i feriti.

La Sutjeska è attraversata, i feriti sono salvi,
ma il nostro vecchio eroe Sava rimane e giace morto.

Abbiamo lavorato, lavoriamo e ancora lavoreremo,  
compagno Tito, noi giuriamo, noi trionferemo.

Sivi sokole, prijatelju stari,
Daj mi krila, sokole da preletim planine.
 

Visoka je planina, nebo iznad nje,
A na nebu sivi soko, gleda na mene.


Duboka je Sutjeska, kanjon iznad nje
Na kanjonu Tito stoji, gleda ranjene.
 

Na kanjonu Tito stoji i poručuje
Sutjeska se mora proći, da spasimo ranjene.


Sutjeska je probijena, ranjeni su spašeni
A naš stari heroj Sava osta mrtav da leži.
 

Radili smo, radimo, radit ćemo još
Druže Tito, kunemo se, pobijedićemo.

27 marzo 2012

Un brano di Ivo Andrić - Dolce è per l'uomo ogni parola che dice...

"E' una notte di settembre calda e limpida. Quelli che preparano le marmellate di prugna cantano, gli altri, seduti attorno al fuoco, conversano sorseggiando caffè o rakija oppure fumando tabacco. Dolce è per l'uomo ogni parola che dice e cara gli è ogni cosa che il suo sguardo riesce a cogliere e le sue dita riescono a toccare. La vita non è facile né libera, né sicura, ma si può sempre sognare quanto si vuole, parlarne con saggezza e intelligenza, o anche scherzosamente."
 
Ivo Andrić, da "L'elefante del visir"

10 febbraio 2011

Sul "Ricordo"

La "Giornata del Ricordo" so' sincero, mi piace poco. E' che mi sa tanto, troppo peloso questo ricordo.
Ciò che è stato commesso dagli jugoslavi in quell'occasione è stato indubbiamente una barbarie, così come l'esodo di decine di migliaia di italiani dall'Istria e dalla Dalmazia lo si può definire una barbarie, ed è giustissimo ricordarlo. Ma ciò che tendiamo volutamente a dimenticare è tutto il resto, l'occupazione, le vessazioni e le violenze quotidiane commesse per vent'anni dagli italiani verso la popolazione slava di quelle terre, e soprattutto i sanguinosissimi anni, le devastazioni e le stragi nazifasciste della Seconda Guerra Mondiale in Jugoslavia.
Ciò non è una giustificazione di ciò che è successo, ma è necessario ricordarselo, perché anch'esso è parte integrante, un'altra faccia, delle tragedie causate in Adriatico dal nazionalismo. Questo è il Ricordo che bisognerebbe preservare. Non la storiella che passa comunemente degli italiani ingiustamente massacrati senza ragione, o meglio perché gli jugoslavi erano e sono un popolo tanto barbaro e crudele (messaggio di stampo razzista presentissimo, oggi come un secolo fa) e per di più comunisti.


Internacionala nek bude ljudski rod!
L'Internazionale futura umanità!

13 ottobre 2010

Cetnici a Genova

Chiamiamoli pure ultranazionalisti se ci pare, i "tifosi" serbi di ieri a Genova.
Per dei cetnici, fascisti sarebbe una definizione più adeguata.
[come fascisti erano quelli italiani due anni fa a Sofia in una partita contro la Bulgaria, non so se ci ricordiamo le belle scene... com'è che le qualificazioni diventino gite sociali all'estero dell'estrema destra europea, è una cosa che le varie Digos avrebbero da spiegare...]
Comunque, un bello spezzone di film (La battaglia della Neretva), in cui spiegasi come relazionare coi cetnici
.

13 settembre 2010

I Ponti

"Di tutto ciò che l'uomo, spinto dal suo istinto vitale, costruisce ed erige, nulla è più bello e più prezioso per me dei ponti. I ponti sono più importanti delle case, più sacri perché più utili dei templi.
Appartengono a tutti e sono uguali per tutti, sempre costruiti sensatamente nel punto in cui si incrocia la maggior parte delle necessità umane, più duraturi di tutte le altre costruzioni, mai asserviti al segreto o al malvagio.
I grandi ponti di pietra, grigi ed erosi dal vento e dalle piogge, spesso sgretolati nei loro angoli acuminati, testimoni delle epoche passate, in cui si viveva, si pensava e si costruiva in modo differente: nelle loro giunture e nelle loro invisibili fessure cresce l'erba sottile e gli uccelli fanno il nido.
I sottili ponti di ferro, tesi come filo da una sponda all'altra, che vibrano ed echeggiano con ogni treno che li percorre, come se aspettassero ancora la loro forma e perfezione finale. La bellezza delle loro linee si svelerà del tutto solo agli occhi dei nostri nipoti.
I ponti di legno all'entrata delle cittadine bosniache le cui travi traballano e risuonano sotto gli zoccoli dei cavalli, come le lamine di uno xilofono. E infine, quei minuscoli ponti sulle montagne, spesso solo un unico grande tronco ovale, massimo due, inchiodati uno accanto all'altro, gettati sopra qualche ruscello montano che senza di loro sarebbe invalicabile.
Due volte all'anno il torrente impetuoso ingrossandosi li trascina via e i contadini, con l'ostinazione cieca delle formiche, tagliano e segano e ne rimettono nuovi. Per questo, vicino ai ruscelli di montagna, nelle anse fra le pietre dilavate, spesso si vedono questi "ponti" precedenti: stanno lì abbandonati a marcire insieme all'altra legna arrivata per caso. Ma questi tronchi di alberi lavorati, condannati a bruciare o a marcire, si differenziano comunque dal resto e ricordano sempre l'obiettivo per il quale sono serviti.
Diventano tutti uno solo e tutti degni della nostra attenzione, perché indicano il posto in cui l'uomo ha incontrato l'ostacolo e non si è arrestato, lo ha superato e scavalcato come meglio ha potuto, secondo le sue concezioni, il suo gusto e le condizioni circostanti.
Quando penso ai ponti, mi vengono in mente non quelli che ho traversato più spesso, ma quelli su cui mi sono soffermato più a lungo, che hanno attirato la mia attenzione e fatto spiccare il volo alla mia fantasia.
I ponti di Sarajevo, prima di tutto. Sul fiume Miljacka, il cui letto è una sorta di sua spina dorsale, rappresentano vertebre di pietra. Li vedo e li posso contare uno a uno. Conosco le loro arcate, ricordo i loro parapetti. Fra di loro ce n'è anche uno che porta il nome fatale di un ragazzo, un ponte minuscolo ma eterno che sembra ritiratosi in se stesso, una piccola e accogliente fortezza che non conosce né resa né tradimento.
Poi i ponti visti nei viaggi, di notte, dai finestrini dei treni, sottili e bianchi come fantasmi. I ponti di pietra in Spagna, ricoperti dall'edera e come impensieriti della propria immagine riflessa nell'acqua scura. I ponti di legno in Svizzera, ricoperti da un tetto che li difende dalle abbondanti nevicate, assomigliano a lunghi silos e sono ornati all'interno da immagini di santi o di avvenimenti miracolosi come fossero cappelle. I ponti fantastici della Turchia, poggiati lì per caso, custoditi e protetti dal destino. I ponti di Roma, dell'Italia meridionale, fatti di pietra candida, da cui il tempo ha preso tutto quello che ha potuto e accanto ai quali da cent'anni ne vengono costruiti di nuovi, ma che restano come sentinelle ossificate.
Così, ovunque nel mondo, in qualsiasi posto, il mio pensiero vada e si arresti, trova fedeli e operosi ponti, come eterno e mai soddisfatto desiderio dell'uomo di collegare, pacificare e unire insieme tutto ciò che appare davanti al nostro spirito, ai nostri occhi, ai nostri piedi, perché non ci siano divisioni, contrasti, distacchi... Così anche nei sogni e nel libero gioco della fantasia, ascoltando la musica più bella e più amara che abbia mai sentito, mi appare all'improvviso davanti il ponte di pietra tagliato a metà, mentre le parti spezzate dell'arco interrotto dolorosamente si protendono l'una verso l'altra e con un ultimo sforzo fanno vedere l'unica linea possibile dell'arcata scomparsa. E la fedeltà e l'estrema ostinazione della bellezza, che permette accanto a sé un'unica possibilità: la non esistenza.
E infine, tutto ciò che questa nostra vita esprime - pensieri, sforzi, sguardi, sorrisi, parole, sospiri - tutto tende verso l'altra sponda, come verso una meta, e solo con questa acquista il suo vero senso.
Tutto ci porta a superare qualcosa, a oltrepassare: il disordine, la morte o l'assurdo. Poiché, tutto è passaggio, è un ponte le cui estremità si perdono nell'infinito e al cui confronto tutti i ponti dì questa terra sono solo giocattoli da bambini, pallidi simboli. Mentre la nostra speranza è su quell'altra sponda."
Così scrive lo scrittore jugoslavo Ivo Andrić, l'autore de "Il Ponte sulla Drina".
Scrittore jugoslavo, non bosniaco, serbo, croato. Jugoslavo. Appunto, perché i ponti servono a "collegare, pacificare e unire insieme tutto ciò che appare davanti al nostro spirito, ai nostri occhi, ai nostri piedi, perché non ci siano divisioni, contrasti, distacchi".
"Il Ponte sulla Drina" parla appunto di questo. Situato in Bosnia, vicino al confine con la Serbia, e fatto costruire nel pieno dell'epoca ottomana, per secoli ha unito e ha visto scontrarsi i popoli jugoslavi, e attorno a sé se ne legge tutta la loro storia. Danneggiato durante entrambe le guerre mondiali, e infine restaurato.
Il nome stesso parla di unione. "Ćuprija", simile al turco "Köprü", anziché il più tradizionale serbo/croato "Most".
E infine, teatro dei massacri di Višegrad, durante l'ultima guerra, con centinaia di bosniaci, come i personaggi del libro 200, 400 anni prima, trucidati sul ponte stesso.
O-hej!

13 luglio 2010

Tocca farsi forza

Le prove della vita.
Scaricare Valter brani Sarajevo (Walter difende Sarajevo), film jugoslavo a tema partigiano, e scoprire che è doppiato in cinese.
Sarà stato il perfido nome, Walter, che doveva mettere in guardia.
Su Nicola, obdurat!

3 marzo 2010

Wu Ming, 54 - SF-SN! Smrt fašizmu, sloboda narodu!

Ah un romanzo che inizia con un proclama del Partito Comunista Sloveno nella Jugoslavia in lotta del '43, e prosegue, come prima azione, con la ribellione di alcuni soldati italiani che decidono di unirsi alla Resistenza!
Wu Ming, 54.
Non dovrebbe deludere.

SF-SN! Smrt fašizmu, sloboda narodu!

22 febbraio 2010

YouTube statistico!

Che sbrocco le Statistiche di YouTube!
Scoperte da qualche giorno. Da passarci le ore. Oh che ore ben impiegate!
Comunque, interesserà le folle che i video caricati dal sottoscritto siano monopolizzati come visualizzazioni per oltre due terzi da "Pljuni i zapjevaj moja Jugoslavijo" (vabbe' lo si immaginava); che il secondo paese per commenti e interessamenti dopo l'Italia è la Serbia (e terza la Slovenia), sempre per il video di cui sopra, mentre il "coinvolgimento", categoria che mi rimane un po' misteriosa, è dominato dagli olandesi (?!?); che i brani di liscio abbiano svariate reazioni anche in Germania; che il gentil sesso latita un po' tra i visitatori; che, questo fa ridere, come fasce di età scorporate per sesso tra i maschi furoreggio nella generazione a cavallo degli anni '60, i 45-54enni, mentre tra le femmine tra le teen-ager (appassionate di liscio o di canto popolare?), con il grosso delle visualizzazioni nella fascia 13-17 anni (insomma, dsnicola, un canale familiare padri/figlie).

30 novembre 2009

Sfondando su YouTube, o-hej!

Che bello sono diventato amico di RambofromSerbia.

Dà tanto status pubblicare la versione integrale di Sputa e canta mia Jugoslavia. O-hej!

3 novembre 2009

Filologia resistenziale reload

L'anno scorso, dopo una mattinata passata ad ascoltare canti partigiani jugoslavi, con molta soddisfazione s'era scoperto come la canzone "Su fratelli su compagni", cantata in Valnerina dai partigiani della Brigata Garibaldina Antonio Gramsci, avesse ripreso la musica da "Po šumama i gorama", canzone della Resistenza jugoslava appunto.
Venerdì sera ci si era dati invece al Coro dell'Armata Rossa. E con ancora più gusto s'era ritrovata la melodia di Su fratelli su compagni nel canto, risalente all'epoca della Guerra civile in Russia, nella "Partisan song".
Nonché, la melodia di "Canto dei partigiani reggiani", in "Red Army is the strongest", sempre dello stesso periodo.
E' notevolissimo come una stessa melodia sia nata tra i partigiani bolscevichi dell'Oriente russo negli anni '20, sia passata alla Resistenza jugoslava contro i nazifascisti a inizio anni '40, e infine, attraverso reduci italiani e internati jugoslavi, arrivata tra i boschi della Valnerina.

30 ottobre 2009

Pljuni i zapjevaj moja Jugoslavijo con intro!

Crearsi un filmato di Pljuni i zapjevaj moja Jugoslavijo dei Bijelo Dugme, caricarlo su YouTube e poi pubblicarlo su Facebook, solo perché non ce n'è nessuno in rete con l'intro Padaj silo i nepravdo forse è un tantinello autoreferenziale e non merita troppo il tempo impiegato.
Però gran canzone [e suoneria!].





10 febbraio 2009

La Giornata del Ricordo?

Si chiacchiera tanto del "Ricordo". Ma allora vogliamo ricordarcela davvero tutta la Storia, o è solo un pretesto per farne uso strumentale?
La vogliamo ricordare e riconoscere anche l'aggressione italiana e tedesca alla Jugoslavia? La sua occupazione, i ripetuti crimini di guerra commessi dall'Esercito Italiano, il milione e mezzo di morti civili jugoslavi?
Oppure vogliamo continuare a usare le Foibe per continuare a raccontarci la favoletta degli "italiani brava gente", e per farne un uso politico di parte?

Uz Maršala Tita. Na juriš, o-hej, partizan, pred tabo svobode je dan!

1 ottobre 2008

Ottobere


Eccoce sa, giù l'orticellu mia

le pampene dell'ua so' cascate,

e le cocce già so' menze seccate

perché lo sole mo' non je 'cciarria.


Ecco le strine, ecco le brinate

che fo lu granu e arriccono l'ulia,

ecco le nebbie che non vo' più via

che fonno più noiose 'ste giornate.


Mo' è lu tempu quann'è l'emmaria

d'appiccia' su du zeppe, un fascitillu

e stàssene contenti a casa sia.


Tu senza focu, senza un lumittillu,

sulu, coll'andri morti in compagnia

sa che friddu che senti, purittillu!


['sta poesia è di nientepopodimeno che Furio Miselli]


Ottobre è il mese del ricominciare dell'università per tutti, di Perugia piena di facce nuove e speranzose. E auguri a Matteo e Beatrice che iniziano anche loro il lungo cammino.

Che poi lungo relativamente, e piglia strano l'idea che invece, continuando a rotolare in avanti, lezione dopo lezione, esame dopo esame, sono ormai arrivato a quello che dovrebbe essere il mio ultimo anno di università. Mi pare ieri il ricordo delle prime bevute, delle prime visite al Todis nell'ottobre di quattro anni fa.

Ottobre che dovrebbe essere mese mariano, e di sicuro è mese di cazzeggio, piuttosto alcolico, letture e fisse esterofile (latinoamerica e jugoslava in specie). Boh sarà nell'aria. E con la vendemmia, la campagna che finisce i suoi frutti, m'ha sempre ispirato le maggiori tensioni rurali.

Beh bardasci carissimi, godiamoci tutti quest'ottobre del 2008, festeggiamo il festeggiando, birrifichiamo il birrificabile, fermentiamo finché c'è un po' di caldo e leggiamo per quanto c'è possibile!

22 settembre 2008

Hej Slovenia!

In un giorno del cavolo, ci si consola col risultato delle elezioni in Slovenia.


A domani pomeriggio (hoka hey).

22 luglio 2008

Buone notizie dai Balcani

Una buona notizia dai Balcani?
L'arresto ieri di Radovan Karadžić, già presidente della Repubblica Serba e responsabile della strage di Srebrenica.
Ora si aspetta Ratko Mladić.

22 marzo 2008

Filologia resistenziale

No ma quando uno dice che la mattina è proficua.
Spulciando tra canzoni della Resistenza Jugoslava, ho finalmente individuato:
1 la canzone dalla quale i partigiani della Gramsci trassero "Su fratelli su compagni": trattasi di "Po sumama i gorama".
2 la canzone che introduce "Sputa e canta mia Jugoslavia" dei Bijelo Dugme: "Padaj silo i nepravdo".
Ci sono anche un paio di video un sacco buli (specie quello di Padaj silo i nepravdo, tratto dall'unica scena bella de "La Battaglia della Neretva"!)

[PS: ebbene sì, per la prima volta ci si cimenta con l'inserimento dei video!]

 




 




17 febbraio 2008

Kosovska...

Non ci si è scordati del fatto che oggi il Kosovo ha proclamato l'indipendenza, attuando una secessione dalla Serbia.
E non si condivide.
Per questione di ideologia personale filojugoslava, e perché si crea l'ennesimo staterello inutile, aprendo poi la porta a ennesime secessioni di regione etnicamente differenti in tutto il mondo. E' la differenza che corre tra autodeterminazione dei popoli e particolarismi etnici egoistici. Qui la bilancia pende sul secondo caso.
Sputa e canta mia Jugoslavia...

15 febbraio 2008

Matteo 5,37

SI alla tramvia a Firenze, NO all'indipendenza del Kosovo.
[accusati di blasfemia, si replica, rigorosamente in terza persona, con Mt 5,37]

9 gennaio 2008

Formazione (la mia!)

Sarà influito che da più di quindici anni dormo in camera con un mappamondo che ancora segna -così, tanto per fare un esempio- Jugoslavia e Unione Sovietica come unici stati?

18 novembre 2007

Kosovara

Vittoria degli ex Uck alle elezioni kosovare, disertate del resto dalla minoranza serba.
E naturalmente c'è da aspettarsi a breve la dichiarazione di indipendenza. E' nell'ordine delle cose, e se vogliamo anche giusto (sensato no, che un altro micro-stato mafioseggiante nella zona non serve a nessuno).
Però, come si accennava qualche tempo fa, rattrista il definitivo tramontare dell'idea panjugoslava.