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12 ottobre 2011

Dei vizi e della decadenza di SEL romana dovuti alla mancanza del centralismo democratico

Bene ha fatto Vendola a prendere immediatamente le distanze dal disgraziato e idiota manifesto di SEL di Roma su Jobs.
Prima considerazione, è solo uno dei tanti frutti e la riprova del rincoglionimento generale a sinistra sulla Apple, si ricordava come già qualche anno fa il video del discorso di Stanford utilizzato come apertura del congresso dell'Udu di Perugia, si è visto in questi giorni con quest'isteria generale, Repubblica con i messaggini di cordoglio stile TRL, epitaffi e dediche e memento in ogni dove.
Seconda considerazione, ok, fatta la cazzata, bene la replica di Vendola, ma mo' dimostriamo di essere un partito serio, centralismo democratico, e dirigenza del partito romano commissariata in blocco e mandata a zappa' li campi. Oh.

16 novembre 2010

Gramsci, Renzi, ed altre amenità piddine

Sulla crisi di governo che si sta aprendo (o meglio, apettiamo che passino queste quattro settimane...) c'è poco da dire: era ora, e se avesse un minimo di buon senso e di correttezza Berlusconi avrebbe già dovuto dimettersi per suo conto. Conosciamo bene il tipo, e sappiamo già che invece che sarà un bel travaglio. E vabbe'. Anzitutto ci caviamo finalmente 'sto dente, e brividi a pensare che forse è finalmente la volta buona. Da registrare è che purtroppo è una vicenda tutta interna al centrodestra, con il resto dell'opposizione che rimane al chiodo, e che le prospettive rimangono molto incerte (specie sulla possibilità di un accordo per la riforma della legge elettorale).
Detto ciò, passiamo a uno dei più tipici passatempi del commentatore politico dilettante, una disamina sulla situazione del PD (suvvia, era un po' che mancava da queste pagine). Che alcune cose frullavano da un po'.

C'è un noto passaggio di Gramsci, ripetutamente ripreso fino a non troppi anni fa, in cui si parla dei tre elementi alla base di un partito.
1 - «Un elemento diffuso, di uomini comuni, medi, la cui partecipazione è offerta dalla disciplina e dalla fedeltà, non dallo spirito creativo ed altamente organizzativo....essi sono una forza in quanto c'è chi li centralizza, organizza, disciplina, ma in assenza di questa forza coesiva si sparpaglierebbero e si annullerebbero in un pulviscolo impotente»
2 - «L'elemento coesivo principale [ ... ] dotato di forza altamente coesiva, centralizzatrice e disciplinatrice e anche, anzi forse per questo, inventiva [ ... ] da solo questo elemento non formerebbe un partito, tuttavia lo formerebbe più che il primo elemento considerato. Si parla di capitani senza esercito, ma in realtà è più facile formare un esercito che formare dei capitani»
3 - «Un elemento medio, che articoli il primo col secondo elemento, che li metta a contatto, non solo fisico, ma morale e intellettuale».

Ecco, mo' non è che serva necessariamente tornare al centralismo democratico, però tra questo e ciò che accade da molto tempo nel PD un giusto mezzo ci sarebbe anche. Sotto questo aspetto, la cosa più preoccupante che sta accadendo da molti mesi è la continua delegittimazione e sfiducia che sta attraversando il partito in ogni suo livello, dalla base alla segreteria. Sta venendo a mancare lo stesso rispetto reciproco, che tra membri di un partito si ritiene dovrebbe sempre sussistere, anche in caso di disaccordo.
Quindi, con specifico riferimento a Renzi. Precisu ciò che si diceva. Sicuramente nel movimento che gli si è accodato c'è del buono. Ma non si può giocare a lanciare merda sul proprio partito, solo per il proprio tornaconto personale. Un arrivista, e dalla dubbia identità politica. E fa un po' specie sentirlo chiedere la "rottamazione" dei dirigenti. Ora, un problema generazionale nella politica italiana indubbiamente c'è. Ma è un problema un tantino più complesso di come lo presenta taluno. Per dire, oggettivamente nel PD non sono certo pochi i dirigenti sotto i 40. A livello di unioni comunali, federazioni, segreterie. Renzi non è esattamente il militante di sezione qualunque. Presidente della provincia di Firenze, ora sindaco del capoluogo di una delle regioni rosse... insomma, se non è un dirigente lui, ben ancorato nel partito, curioso di sapere chi lo sia. E come lui tanti altri. Che magari, fassiniani nel 2007, veltroniani nel 2008, franceschiniani nel 2009, mo' oggi, con qualche poltroncina frattanto guadagnata, si scoprono renziani e ribelli. E pronti alla lotta. Dura eh. Mah.
Se il Partito Democratico incontra tanti ma tanti di quei problemi, e sta riuscendo a sperperare milioni di voti, le cause sono tante. L'inadeguatezza della classe dirigente sicuramente è una di queste, specie in un sistema politico-mediatico che ricerca il leader più che le idee. Ma i problemi vari stanno proprio alla radice, nel manico. Se su tanti temi non riesce a trovare una sintesi, una posizione comune, non è tanto colpa di Veltroni, D'Alema o chi per loro, è perché ciò ontologicamente non è possibile, che c'è nato proprio con l'idea di fondere e superare culture troppo diverse, alla ricerca di una fantomatica idea nuova. Dopodiché, i problemi mica sono tutti del Nazionale. Anzi. Il consenso sta scomparendo anzitutto a partire dal territorio. Dove sta venendo a mancare l'organizzazione, la partecipazione, il sentirsi comunità. Appunto, sta scomparendo il Partito, nel senso più proprio del termine, e si sta trasformando in una dépendance degli amministratori. Di questo, tantissimi sono i "giovani" che ne sono corresponsabili, essendo a loro spesso affidato il livello territoriale o la sua gestione. Gli stessi "giovani" che oggi a sentirli vorrebbero fare la rivoluzione. Anche qua in Umbria gli esempi non mancano. Il problema generazionale a mio modo di vedere sta essenzialmente in questo, che un "giovane" arrivato, probabilmente grazie all'ambiente giusto, a livello dirigenziale, si ritrova a operare e a gestire un partito senza preparazione, senza una vera conoscenza del territorio, delle sue necessità e problemi, e senza una visione complessiva, una capacità di analisi. E ad aggravare la cosa, che non vi sono strumenti per rimediare. E che quindi è destinata a ripetersi sempre più negli anni a venire.
Sono problemi grossi, che non si possono risolvere con qualche seminario, o pensando che basti una primaria a selezionare una classe dirigente. O ancora, che basti fare una "rottamazione".

2 marzo 2010

Flash-mob (ostilità al)

Perché ogni tanto bisogna avere qualche nuovo nemico.
Qui, cresciuti col mito dell'”Organizzazione” (e in combinata il culto del resp. org.), se n'è trovato un altro: il post-ideologico e disimpegnato e inconcludente flash-mob.

4 dicembre 2009

Sulla forma partito, 1987

Quella che avanza è l'idea del moderno "partito leggero" non nel senso del partito dei pochi (questa semmai sarebbe una conseguenza non voluta). Ma nel senso di: un partito in cui iscritti e militanti perdono peso effettivo rispetto all'elettorato e alle associazioni federate; che utilizza le competenze così come le offre il mercato intellettuale; che aggrega forze su issues e programmi specifici; che, in sostanza, si propone di ascoltare, di interpretare la società (una sua parte), più che trasformarla, strumento più che soggetto, soprattutto rappresentanza istituzionale e collettore elettorale. [...]
La "forma partito" come oggi si presenta nelle moderne democrazie occidentali è tendenzialmente proprio quella che si propone come "innovazione" vacua e apparente. E questo ci aiuta meglio a comprenderla. Perché guardando ai fatti si vede facilmente che un tale "partito leggero" -anche quando è di sinistra- non è leggero affatto e che il suo modo di "ascoltare la società" è di tipo assai particolare. E' un "partito leggero" che sopperisce alla fragilità dei suoi legami di massa e alla precarietà del suo tessuto culturale con una forte accentuazione del ruolo personale del "leader"; che è gestito da apparati di potere non meno stabili e separati di quelli antichi (parlamentari quasi inamovibili, tecnici dell'informazione e dell'amministrazione, amministratori locali, manager delle cooperative, burocrazie sindacali) cioè pezzi dell'establishment; che deve costruire il consenso prevalentemente con l'uso dei media (o meglio cercandone il non disinteressato sostegno) e mediando corporazioni varie, buone e cattive. La conseguenza diretta è la passivizzazione politica delle classi subalterne al suo esterno (l'assenteismo nel voto) e al suo interno (come può, chi non sa, diventare dirigente?). La conseguenza indiretta è un tipo di consenso elettorale che non regge, e non può reggere a prove di governo aspre, dunque una necessaria autoriduzione dei programmi, un "ascolto della società" che seleziona e rispetta i rapporti di forza esistenti. Il "riformismo di basso profilo" diventa non una scelta, ma una necessità. Non stiamo descrivendo solo i partiti conservatori e centristi (che poi in Italia assumono specificamente il carattere del partito-Stato) ma anche la moderna tendenza degli stessi partiti "progressisti", dal Partito democratico americano, a quelli socialisti francese o spagnolo. In parte è anche la tendenza già in atto nel Pci. [...]

Si consideri che è stato scritto 22 anni fa, "Una nuova identità comunista", un documento precongressuale per il XVIII congresso del Pci.

12 marzo 2009

Quinto Congresso della Sinistra Universitaria-Udu

Congratulazioni e buon lavoro ai compagni Leonardo Esposito e Jacopo Giovagnoni, rispettivamente il nuovo coordinatore e presidente della Sinistra Universitaria-Udu di Perugia!

Ah i buoni vecchi congressi di una volta! Vabbe', aprire i lavori con il filmato di un discorso di un noto capitalista c'azzeccava poco, ma poi è stato tutto un fiorire di interventi, commissioni, emendamenti, votazioni.... Ari-aaaahhhh!
[ok, che uno si ecciti con 'ste cose in effetti è preoccupante... i frutti perversi della scuola diesse!]

    

22 ottobre 2008

Carta e politica

Riflessione da affinare un poco.
L'Organizzazione di un partito, aspetto che è al tempo stesso fine, mezzo e premessa indispensabile di esistenza, potrebbe essere misurata dalla capacità di mettere in circolazione materiali informativi. Ancora oggi perlopiù cartacei.
Insomma, la forza di un partito è spesso direttamente proporzionale alla quantità di carta utilizzata (utilizzata, non sprecata).

29 ottobre 2007

Orsù costituiamoci!

In festosissimo clima si è svolta sabato la prima riunione dell'Assemblea Costiuente del Partito Democratico.
Vario materiale, interventi, posizioni, acclamazione di Veltroni alla segreteria.
E intervento naturalmente dello stesso Veltroni. Che qualche cosa pratica ha iniziato a dirla. Sulla legge elettorale in primis. Esprimendo la sua predilezione per il sistema francese. Per quanto riguarda il sistema elettorale mi si trova d'accordo, i problemi sorgono sull'assetto istituzionale, che non si condivide affatto l'impostazione di fondo presidenziale della Quinta Repubblica francese. Né le nostre derivazioni di "sindaco d'Italia".
Ma il problema essenziale sorge sulla forma partito. Veltroni ha teorizzato la fine del partito dei tesserati, "superandolo" con il modello del cittadino-elettore attivo. Questo sarebbe il significato del "partito liquido". Ossia il superamento della militanza organizzata (il "vino vecchio"), sostituendola con la possibilità di votare sulle proposte e i nomi di volta in volta avanzati, senza vincoli di appertenenza. Beh, un partito dovrebbe essere qualcosa di più, e l'appartanenza e la militanza politica in un partito significa il farla in prima persona la politica, non legittimare periodicamente con un voto di delega qualcuno. La proposta veltroniana rappresenta la fine dell'idea della politica come dimensione di vita.
Vabbe', sono proposte del segretario, e i lavori costituenti sono appena iniziati. Ma la strada pare molto in salita.

E per contro, si sta leggendo in questi giorni il saggio del compagno Togliatti sull'origine, la vita e le prospettive del Partito Comunista Italiano. Colpisce innanzitutto lo scarto, enorme, della puntualità, precisione e qualità dell'analisi. E una serie di punti varrebbe rileggerseli tutti, come i tre gramsciani elementi fondamentali di un partito: un elemento diffuso di uomini comuni al cui partecipazione organizzata è offerta dalla disciplina e dalla fedeltà, ossia l'adesione di massa, un elemento coesivo centrale principale, e un elemento che derivi dal primo e che metta in articolazione i due elementi.

24 ottobre 2007

Ricorsi

"Si è molto scritto, in Italia, negli ultimi tempi, sulla crisi dei partiti. Si è, anche, alimentata una campagna contro il "sistema dei partiti". Confluiscono, in questa polemica, posizioni e forze assai diverse. Posizioni di chiaro stampo reazionario; forze che tendono a colpire il regime democratico e ad impedire uno sviluppo progressivo della lotta politica e sociale, lungo la strada aperta dalla Resistenza e dalla Costituzione. Ma anche posizioni e forze di ispirazione democratica, che esprimono un travaglio reale e complesso, una ricerca non priva di validi motivi.
Né saremo certo noi a negare fenomeni di degenerazione che si sono prodotti, nel corso di venti e più anni, nella vita interna di determinati partiti e nel loro rapporto col paese. [...]
Tutto questo però non autorizza né a mettere sotto accusa il sistema dei partiti in quanto tale né a confondere i singoli partiti in un unico, complessivo giudizio di condanna. I partiti -disse Togliatti alla Costituente, in polemica coi nostalgici del regime prefascista- sono la democrazia che si organizza. Guai a perdere di vista questo dato essenziale, guai a smarrire questo fondamentale punto di orientamento. La critica deve perciò essere puntuale, investire quelli che sono davvero fenomeni degenerativi, non alimentare l'equivoca ipotesi del superamento dei partiti, ma tradursi in positive, concrete istanze di rinnovamento della direzione politica del paese."

Questo scrive il compagno Giorgio Napolitano nel 1971, in prefazione della ripubblicazione del saggio del 1958 di Palmiro Togliatti "Il Partito Comunista Italiano".
E' strano rileggere oltre 35 anni dopo una puntuale analisi di quella che è anche la realtà italiana di questi ultimi mesi. E il poterla ricollocare nell'ambito di una storia più grande, come l'ennesimo ricorso dello stesso problema, dà nuova convinzione per combattere certe degenerazioni.