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26 aprile 2010

25 Aprile 2010, 65° anniversario della Liberazione

E mentre la giornata sta per finire, nel 65° anniversario della Liberazione, il pensiero va a tutti coloro, partigiani e non, che hanno lottato per un'Italia libera e più giusta...
Un pensiero anche al compagno Alberto Cesa, autore della splendida canzone "Partigiano", e di cui si era avuto modo di apprezzare la grande disponibilità, che ieri s'è scoperto c'aveva lasciato, ancora a gennaio.

Nella foto, l'elenco dei compagni caduti della Brigata Garibaldina Antonio Gramsci.

15 ottobre 2009

Partigiano

Una delle più belle canzoni sulla Resistenza.
Il testo è stato inviato personalmente dall'autore Alberto Cesa, gentilissimo.

C'era una volta un ponte difficile da traversare
un ponte che separava l'uccidere e l'amare
ma gli uomini che han conquistato di forza la sponda buona
oggi son suoni inutili una musica che non funziona.

E c'era un'altra volta un tempo, un tempo meno scemo
che i giovani cercavano, io non ero da meno
dai vecchi di capire quello che non andava
quello che tra i libri e il cuore come fuoco li divorava.

E' così che son partito un giorno come tanti
con la chitarra in spalla con gli occhi aperti e attenti
a ricercare i suoni e i ritmi del passato
di quello che da bravi avevamo ben studiato.

Così mi trovai in montagna con un vecchio partigiano
davanti a del buon vino e al ricordo, ormai lontano
dei suoi anni più belli della sua grande occasione
dei giorni della lotta diventati una canzone.
E il suo canto partì deciso come i canti della sua terra
con voce forte e fiera come i suoi passi di guerra,
E il suo canto partì deciso come i canti della sua terra
con voce forte e fiera come i suoi passi di guerra.

E ogni nota era dolcezza malinconia rabbia e rancore
il rancore dei vent'anni ribelli per amore
gettati a muso duro nel fuoco oltre quel ponte
per colorare invano di rosso l'orizzonte.

E il mio canto lo seguiva ma era timido come di un bambino
mi usciva dalla gola strozzato e ballerino
mentre il suo sguardo allegro a poco a poco si intristiva
riattraversando il sogno che sul nascere moriva.
Ma canta con più forza non starci più a pensare
con la chitarra in mano hai tanto da gridare
e allora grida forte per chi non l'ha ancor capito
che il partigiano ha vinto e l'Italia lo ha tradito.

Era già notte fonda e il vino ci scaldava
era la prima volta che la mia voce andava
decisa insieme al canto rabbioso e popolare
di chi senza aver niente questo mondo provò a cambiare.

E poi dopo vent'anni musicante di mestiere
lassù son ritornato e lo volli rivedere
e andai all'osteria di quel giorno lontano
ma c'era un bar moderno in stile americano.
E i tavoli il bancone le sedie ed i bicchieri
i jeans ed i giubbotti i clienti e i camerieri
le facce i tramezzini i discorsi i sorrisini
erano alla moda firmati e un po' cretini.

E intorno nella valle c'era un silenzio disperato
non c'era neanche l'ombra del suo grande passato
e quella vecchia voce anche lei se n'era andata
solo da un anno morta da mille ormai scordata.

E allora m'è scoppiato nel cuore e nel cervello
il ricordo di quel canto adesso ancor più bello
coi miei quattro compagni come un coro di marziani
abbiam rispolverato quei versi proprio strani.
E di nuovo le montagne dopo quel colpo di mano
ritornarono a scandire come nel tempo lontano
dalle balze alle pendici dalle cime fino al piano
il passo duro e cadenzato di quel vecchio partigiano.

E ogni nota era un fucile puntato dritto al cuore
di quell'insopportabile indifferenza senza amore
puntata contro il grugno dell'imbecillità rinata
laccata qualunquista e telecomandata.

E il suo canto tornò deciso come i canti della sua terra
con voce forte fiera come i suoi passi di guerra
lo so che non serve niente ma sarà dura a morire
l'eco della montagna anche per chi non vuol sentire.
E allora canta ancora non starci su a pensare
con la chitarra in mano hai tanto da gridare
e allora grida forte per chi non l'ha ancor capito
che il partigiano ha vinto e l'Italia lo ha tradito!